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PALERMO - Quelle vetrine luccicanti nel salotto buono di Palermo con gli ultimi modelli di cellulari esposti accanto a modellini Ferrari, in realtà erano di Bernardo Provenzano, il boss dei boss, latitante da 40 anni. E' suo, infatti, l'immobile di centinaia di metri quadri in via Principe di Belmonte, affittato ad una società di informatica attraverso un prestanome, che ospita uno dei centri di assistenza e vendita al dettaglio più noti della città. Lo ha scoperto Gioacchino Genchi, il superpoliziotto consulente informatico della Procura di Palermo, scavando tra i segreti…
I mafiosi cadono nella rete dell’informatica. Sempre più spesso la polizia impiega esperti di software e consulenti telematici che utilizzando i computer riescono a dare impulso alle indagini, contribuendo ad imprimere una svolta alle inchieste giudiziarie sui boss e latitanti mafiosi. I poliziotti agenti della squadra mobile di Palermo sono riusciti ad individuare due prestanomi del capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, ricercato da oltre quarant’anni. A questi due insospettabili erano intestati lussuosi locali, sistemati nella centrale via Principe di Belmonte, una strada considerata il salotto di Palermo, e adesso…
PALERMO - Scena prima: il vecchietto dall'aria inoffensiva attacca bottone con i ''colleghi'' che riscuotono la pensione alle poste, carpendo cifre e itinerari. Scena seconda: una chiamata col cellulare ai ''compari'' appostati in zona e i malcapitati ci rimettono i denari. Scena terza: adesso i tre presunti rapinatori sono in cella a Palermo. E' stata la polizia ad individuarli, dopo una indagine con metodi tradizionali e con l'utilizzo di telecamere per filmare il gruppo durante quella sorta di briefing che precedeva l'attivazione di un copione collaudato in decine di casi,…
PALERMO - Il tribunale del riesame di Messina ha confermato le ordinanze di custodia del gip contro Giuseppe Scarpari e Rocco Scarpari, padre e figlio, di Varapodio (Reggio Calabria) accusati di avere piazzato, il 7 gennaio 2002, un ordigno dinamitardo che distrusse l'autovettura dell'imprenditore Luciano Milio, scaraventata sull'ingresso della villa di Capo d'Orlando (Messina). Secondo l'accusa, alla base del contrasto col Milio una presunta estorsione di alcuni miliardi per contributi comunitari che il Milio avrebbe incassato non distribuendoli ai ''calabresi'', che già avevano puntato gli occhi sui lauti introiti dell'imprenditore…
Questo testo. Una volta i boss dicevano: "Ma che è questa mafia, una marca di formaggi?". Oggi invece dettano comunicati e rivendicazioni politiche, come quelle dei giorni scorsi sul 41 bis, il carcere duro che vorrebbero abolire. Insomma, Cosa nostra ha aperto il dibattito. Abbiamo cercato di capire come andrà avanti. E soprattutto con chi. MILANO. Le estati palermitane sono rischiose, come quelle ore in cui non è più notte e non è ancora giorno e gli incubi cattivi si impossessano degli insonni. Veleni, corvi, omicidi, stragi: sempre d'estate accadono,…
PALERMO - Era da poco passata mezzanotte del 7 gennaio 2002 quando un ordigno ad alto potenziale distruggeva l'autovettura dell'imprenditore Luciano Milio, sistemata davanti la sua villa di contrada San Gregorio a Capo d'Orlando. La potenza dell'esplosivo utilizzato aveva scaraventato l'automobile davanti l'ingresso della casa e l'attentato si sarebbe potuto trasformare in una strage se qualcuno dei familiari di Milio si fosse trovato a transitare sul patio. Oggi la Squadra Mobile di Messina e gli agenti del Commissariato di Capo d'Orlando hanno arrestato gli autori di questo episodio. L'attentato dello…
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