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“Dna, telepass e documento unico contro il terrore, mappiamoci tutti”

L’ESPERTO INFORMATICO E L’EMERGENZA SICUREZZA: I DATI DA INCROCIARE, I BUCHI DEL SISTEMA. E L’INEVITABILE RINUNCIA ALLA PRIVACY

il Fatto Quotidiano - 23 novembre 2015 - di Antonio Massari
“Quel che è accaduto in Francia deve far riflettere sulla necessità, per ciascuno di noi, di cedere una porzione limitata della propria libertà a vantaggio della sicurezza di tutti. Non serve alcun processo autoritario, è solo necessario attrezzarsi e documentare gli eventi che è fondamentale analizzare per prevenire e contrastare il terrorismo”.

Questo è il pensiero di Gioacchino Genchi, che è stato a lungo consulente informatico di molte procure italiane, ha collaborato anche alle inchieste sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, per trent’anni s’è occupato di analizzare tabulati telefonici incrociandoli con celle e ripetitori, pagamenti con carte di carte, pedaggi autostradali e altre informazioni utili.

 

Genchi, il premier Renzi vuol “taggare” i sospetti di terrorismo e punta a “un sistema di centralizzazione delle immagini per il riconoscimento facciale”. Lei da investigatore che idea ha? Di cosa abbiamo bisogno?

L’idea è giusta. Ma sarebbe necessario anche molto altro. Le nostre tecniche investigative devono misurarsi con attentatori determinati a morire pur di perseguire le finalità stragiste: la prima esigenza è un efficace coordinamento informativo e operativo tra forze di polizia e apparati di intelligence di ogni Stato. Ma è anche necessario che ciascuno Stato acquisisca la cultura della documentazione di tutti gli elementi utili a prevenire e reprimere. E noi non ce l’abbiamo. Il tutto, mi creda, può avvenire con costi assai ridotti, utilizzando la potestà amministrativa.

 

Quali sono gli elementi necessari?

La prima esigenza è documentare l’identità di chi opera all’interno di uno Stato, che sia cittadino o straniero, ma in Italia non abbiamo neanche un’anagrafe unica nazionale, con rilascio di un documento elettronico, al quale riconnettere tutti gli elementi identificativi dei soggetti censiti. La gestione delle anagrafe è demandata ai singoli Comuni, con rilascio di una carta d’identità che risale alla notte dei tempi. Costi elevati ed elevata inefficienza. Carta di identità, patente, codice fiscale, tessera sanitaria e un’altra miriade di dati identificativi, si potrebbero concentrare in un unico documento elettronico, inclusi i parametri biometrici e il Dna.

 

Documentare il Dna non le pare eccessivo, sotto il profilo della privacy? Documenta persino l’andamento della nostra salute.

Non si tratta di violazione della privacy: il codice genetico non rivela orientamenti politici, religiosi o sessuali. Sono invece utilissimi in ambito investigativo e soprattutto, se censiti in un’unica banca dati, consentono una rapidità d’indagine che oggi è fondamentale. L’esigenza è avere a disposizione tutti i dati utili nel più breve tempo possibile. Ciascuno di noi lascia un frammento del proprio passaggio e del proprio comportamento: più sono rapido nell’individuare quel frammento e associarlo agli altri, prima ricompongo il mosaico, prima posso intervenire.

 

Quali altri frammenti sarebbe utile archiviare?

Documentare e monitorare permanentemente i flussi migratori e gli spostamenti all’interno dello Stato. Le banche dati delle compagnie aeree che operano in tutto il mondo dovrebbero essere accentrate e consultabili in tempo reale da tutte le forze di polizia internazionali. Stessi controlli per il traffico ferroviario e viario. Tutte le autovetture dovrebbero utilizzare i Telepass, che consentono di monitorare gli spostamenti dalle tratte autostradali, nei parcheggi e ai valichi di controllo urbano.

 

Traffico telefonico e transazioni telematiche: cosa è necessario secondo lei?

È necessario modificare le tecniche di gestione, conservazione e accesso ai dati. Un grosso passo avanti era stato fatto con il decreto Pisanu, che aveva introdotto una legislazione per conservare i dati di traffico e i tentativi di chiamata: furono degli squilli ad azionare gli ordigni delle metropolitane di Madrid e Londra. Ma non se ne fece nulla.

 

Passiamo alle videocamere.

Occorre introdurre una normativa per il censimento, l’omologazione, l’interfacciamento e l’accesso diretto, alle forze di polizia, degli impianti di ripresa video ormai diffusi ovunque: consentirebbe di acquisire i dati senza dover prima individuare gli impianti esistenti. A volte si individuano quando le riprese sono state già cancellate. È anche necessario rivedere i tempi di conservazione dei dati.