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«Corvi dossier e complotti contro Montante? Tesi Pregiudicata da forte friabilità logica»

Ecco come il giudice Luparello ha "bocciato" in sentenza la tesi della difesa dell'imprenditore

La Sicilia - 12 ottobre 2019 - di Alessandro Anzalone

luparello-graziella«La tesi del complotto in pregiudizio di Montante è pregiudicata da una forte friabilità logica»: nella sentenza del processo con rito abbreviato, il giudice Graziella Luparello “boccia” la tesi della presunta congiura ai danni dell’ex presidente degli industriali siciliani, che sarebbe stata ordita, secondo la tesi della difesa (come emerge dal ricorso al Riesame del 22 gennaio 2016) da parte di Di Vincenzo e dell’avv. Genchi.

 

antonello-montanteLa storia è questa: nell’ottobre del 2014 arriva un esposto anonimo alla Direzione nazionale antimafia e a Confindustria nazionale, nel quale si parlava di tre incontri avvenuti nel settembre del 2014, l’ultimo dei quali tra il 17 e 18, per screditare Montante.

 

montante-ciceroTenendo conto di queste date, per il giudice «non si comprende come di tale congiura Montante avesse potuto parlare a Cicero in una email inviata il 16 settembre 2014», salvo che scrive ancora la dott. Luparello nelle motivazioni, non si tratti «di una impostura di Montante che, per coprire i propri rapporti con esponenti mafiosi, di cui di lì a poco Di Francesco avrebbe cominciato a parlare, era disposto a gettare materiale fangoso sul conto degli asseriti congiurati».

 

Pietro-Di-VincenzoE, secondo il gup, «non può certo leggersi sotto la lente della casualità che tutti i soggetti – Tullio Giarratano, Umberto Cortese, Pietro Di Vincenzo, Salvatore Iacuzzo, Gioacchino Genchi, Vladimiro Crisafulli, l’avv. Grippaldi, Davide Durante – menzionati quali oppositori di Montante siano stati oggetto, su richiesta di quest’ultimo, dell’attività illecita di raccolta di dati riservati».

 

alaimo-salvatoreLa difesa di Montante ha sostenuto che l’imprenditore di Serradifalco aveva ragione di temere iniziative calunniose da parte di soggetti riconducibili alla passata gestione confindustriale, riferibile a Di Vincenzo, tanto che Salvatore Alaimo ex assessore provinciale, era stato sentito dalla Direzione investigativa antimafia, nel 2011 e nel 2012, in merito ad un dossier che avrebbe ricevuto da Tullio Giarratano e Umberto Cortese, diretto contro Montante.

 

Salvatore Di FrancescoPer il giudice «tale dossier presenterebbe delle assonanze contenutistiche rispetto all’oggetto delle dichiarazioni di Di Francesco, sicché potrebbe considerarsi normale che Montante, di fronte alla novità delle rivelazioni del collaboratore, potesse temere di esserne il bersaglio. Tale argomentazione difensiva, tuttavia, è fallace per un doppio ordine di ragioni. In primo luogo, non è dato comprendere perché Montante avesse immediatamente l’asse Di Vincenzo-Giarratano-Cortese con il pentimento di Di Francesco e, soprattutto, perché avesse ritenuto “sine ullo medio” che la collaborazione di quest’ultimo con la giustizia fosse pilotata».

 

Per il gup «laddove fosse esistita una stabile alleanza tra Di Francesco da un lato e Di Vincenzo, Giarratano e Cortese dall’altro, che avesse partorito, in ipotesi, il dossier di cui si parla, lo scenario che si sarebbe potuto subito prefigurare, diffusa la notizia del pentimento del primo, è che i secondi sarebbero potuti cadere sotto i colpi della collaborazione con la giustizia» del pentito di Serradifalco.

 

«Invece – scrive ancora il giudice – l’immediato timore di Montante era stato che la collaborazione potesse essere stata finanziata da Di Vincenzo per colpire lui, secondo quel modello di ”mecenatismo giudiziario” che egli, secondo Di Francesco, aveva già provato per attaccare Iacuzzo».

 

E poi, sostiene ancora il giudice nella motivazione «la difesa non riesce a spiegare le ragioni della convergenza delle dichiarazioni rese, nei riguardi di Montante, da diversi collaboratori di giustizia, all’interno di una parabola temporale che comincia nel 2008 ossia ben prima del presunto dossier e della collaborazione di Di Francesco, e si completa nel 2016». Al riguardo si fa riferimento alle dichiarazioni contro Montante di Pietro Riggio del 2008 e di Carmelo Barbieri del 2009 «convergenti, sette anni dopo, con quelle di Ciro Vara (2016), sicché il tentativo difensivo di liquidare l’indagine come il portato di una raffinata strategia calunniatoria, che vede al vertice l’ing. Di Vincenzo, non regge all’urto delle complessive acquisizioni probatori».