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Strage di Via D’Amelio. Genchi: “Non si può escludere che il telefono di Borsellino sia stato intercettato”

Ansa - 3 agosto 1992 - di Redazione

image002PALERMO – Il funzionario di polizia Gioacchino Genchi, consulente tecnico dei giudici della Procura di Caltanissetta incaricato di accertare l’eventualità che il telefono dei familiari del giudice Borsellino sia stato intercettato dalla mafia ha incontrato stamane al palazzo di Giustizia di Palermo i magistrati che conducono le indagini per una prima relazione sull’ispezione compiuta lungo la linea telefonica. ”Non si può affermare, ma neanche escludere – ha detto Genchi – l’eventualità di un’intercettazione che sul piano concreto può apparire possibile”. In ambienti giudiziari è stato confermato che nel corso dell’ispezione sono emersi elementi ”anomali”, tuttora oggetto di un approfondimento investigativo.

strage_via_d'amelioOggi pomeriggio, inoltre, i magistrati di Caltanissetta incaricati delle indagini sulla strage di via D’Amelio, insieme con il gip Sebastiano Bongiorno, interrogano in un carcere, rimasto segreto per ragioni di sicurezza, il metronotte Ignazio Sanna, di 37 anni, arrestato dieci giorni fa con l’accusa di avere fornito false dichiarazioni al pubblico ministero. In servizio in un istituto di credito il giorno della strage, il metronotte e’ accusato di avere taciuto agli investigatori particolari importanti per le indagini, che egli avrebbe notato attraverso un monitor collegato ad una telecamera puntata proprio su via D’Amelio.

L’intercettazione telefonica nella preparazione di un delitto di alta mafia ha, sia pure a livello di ipotesi, secondo gli investigatori, un cospicuo precedente. Il 6 agosto del 1985, dopo avere trascorso 72 ore in ufficio, il vice questore Ninni Cassarà fu falciato a raffiche di mitra sotto casa. Prima di uscire dalla questura, Cassarà telefonò alla moglie dicendole che stava ritornando. Con Cassarà venne ucciso l’agente Roberto Antiochia. L’indagine accertò che i killer erano già da giorni nascosti in un covo nei pressi dell’abitazione del funzionario ed entrarono in azione perché preavvertiti. La cassetta di derivazione Sip dello stabile non era sigillata. L’analisi della tecnica della strage di via D’Amelio, inoltre, appare “ricopiata”, osservano ancora gli investigatori, sul modello di quella del 29 luglio del 1983, in via Pipitone Federico: furono uccisi il consigliere istruttore Rocco Chinnici, due carabinieri di scorta ed il portinaio dello stabile in cui abitava il magistrato. Anche allora venne usata una piccola utilitaria, una ”500”, imbottita di tritolo, innescato da un comando radio, in sosta davanti all’ingresso di casa della vittima. Dopo la strage furono disposti in città i primi divieti di sosta a protezione di personalità a rischio. Sulla ”500” era stata montata una targa ricavata dall’unione di altre due targhe rubate. (ANSA)