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Rete di pirati informatici al servizio di Cosa nostra

Un perito ha svelato trattative e contatti con i boss. Il gruppo aveva contatti in Europa, il software veniva dall'Inghilterra. Chiesto il giudizio per 31 imputati - Una schiera di tecnici pronti a fornire cellulari clonati e consulenze

Repubblica - 19 gennaio 2000 - di Salvo Palazzolo

Tutto quello che non hanno saputo dire i pentiti sui retroscena ancora oscuri della strage di Capaci, lo svelano i cellulari utilizzati dai boss durante quei giorni del maggio ’92: Cosa nostra si rivolse ad una stranissima agenzia del crimine elettronico che assicurò comunicazioni «sicure» attraverso telefonini clonati. La procura di Palermo ha adesso completato le indagini su questo gruppo formato da una trentina di persone e ha scoperto che dei suoi servizi non beneficiavano soltanto i boss: nei primi anni Novanta i segni dei cellulari clonati che portano un’inconfondibile firma sono stati ritrovati in tutta Italia, dalla Calabria alla Puglia, da Roma ad Ascoli Piceno, a Torino e Milano. E se l’agenzia del crimine elettronico operava in Italia, la sua tecnologia la esportava dall’estero. Le indagini dell’attuale procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone all’indomani della strage di Capaci, e più recentemente del sostituto Sergio Barbiera hanno scoperto che uno dei presunti organizzatori del gruppo, Saverio Stendardo, 52 anni, pugliese da anni residente a Palermo, riceveva il software dal Regno Unito. A recapitarlo, un altro palermitano, Francesco La Rosa. In Gran Bretagna, dicono gli inquirenti, si muoveva sempre con un’auto italiana, una Fiat Uno rossa, immatricolata naturalmente nel paese di Sua Maestà per non dare all’occhio. La targa, “C 86 EJA”. Sono trentuno i componenti del gruppo che adesso la procura di Palermo chiede al gip Fabio Licata di processare per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla clonazione. Un lungo elenco che annovera nomi senza alcuna apparente storia e le più svariate città di provenienza, da Sciacca, a Vibo Valentia, a Foggia. Indice, fanno notare i magistrati, della capillarità con cui si era strutturata l’agenzia. Eppure non tutto è ancora chiarito: il traffico cellulare scaturito dai telefonini in dotazione al gruppo, circa 300, ha fatto scaturire una montagna di dati, nomi e numeri di telefono. E’ su questi che si è concentrata l’indagine di Gioacchino Genchi, dirigente del centro elettronico interregionale della polizia a cui le procure di Palermo e Caltanissetta hanno delegato l’approfondimento. L’indagine sull’agenzia del crimine elettronico nacque all’indomani della strage Falcone quando la squadra mobile fece scattare una serie di perquisizioni nei villini attorno al luogo dell’eccidio. In uno di questi, di proprietà di Claudio Brambilla, originario di Vimercante (Milano), furono scoperte apparecchiature elettroniche in grado di clonare il cellulare P300 della Nec e molti altri modelli. Quando poi furono arrestati due componenti del commando di Capaci, Gioacchino La Barbera e Antonino Gioè vennero subito fuori tantissime coincidenze. Innanzitutto, che utilizzavano due cellulari clonati. E i telefonini non mentono: anche una breve comunicazione lascia una quantità di codici tale da poter ricostruire tutto il percorso che ha fatto sull’etere. Proprio questi codici hanno incastrato i componenti dell’agenzia della clonazione. Difficile ricordarli a memoria e allora bisognava appuntarli: la stessa sequenza di numeri telefonici e di relativi codici seriali che Gioè aveva segnato su un’agendina della Camera dei deputati era anche tra i “file” trovati nel computer di Stendardo. In uno, chiamato “Motorola.log”, c’è la chiave dei preparativi della strage di Capaci e forse di tante altre azioni criminose in cui l’agenzia ha prestato i suoi servizi a Cosa nostra. Contiene infatti la registrazione di tutte le clonazioni fatte sui cellulari della nota casa inglese. Ironia della sorte, per accedere al loro software, i falsificatori per eccellenza avevano fissato una chiave d’accesso che altro non era che l’orario virtuale del sistema informatico, “clock” in gergo: sempre il 27/05/91. E’ stato fatale per l’agenzia del crimine elettronico. 27/05/91 è la loro firma in ogni clonazione.