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L’avvocato Gioacchino Genchi denuncia: “Considero grave che il ministero dell’Interno non si sia costituito parte civile. Ritengo che i burocrati del Viminale, che il ministro Salvini non ha ancora cacciato, non lo abbiano informato”

Montante, al via l'udienza preliminare per 19 indagati ma l'ex leader di Confindustria non si presenta in aula

Repubbblica - 19 ottobre 2018 - di Salvo Palazzolo

La Regione e gli “spiati ” dal manager chiedono di costituirsi parte civile davanti al gup. Ventuno le istanze. L’ex presidente del Senato Schifani sceglie il rito immediato

Schermata 2019-03-28 alle 12.54.56Il principale protagonista del processo non c’è nell’aula dell’udienza preliminare, ma tutto parla di lui. Antonello Montante, il leader di Confindustria un tempo simbolo della legalità oggi finito in disgrazia, è il primo nome dell’appello chiamato dal giudice David Salvucci. Gli altri 18 imputati componevano il suo cerchio magico, sostiene la procura di Caltanissetta. Uomini delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza, tutti pronti a compiacere il leader, spiando le indagini che lo riguardavano.

Anche quando l’appello è terminato, Montante è il più citato. E non solo perché è l’inizio di questa inchiesta, avviata quattro anni fa dalla squadra mobile nissena. Montante è il fulcro attorno a cui ruota tutto. E’ il “sistema”, come lo chiamano il procuratore capo Amedeo Bertone, l’aggiunto Gabriele Paci e i sostituti Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso. Il “sistema” dell’uomo che ha sempre amato apparire, e invece adesso non c’è. E’ rimasto nel carcere di Caltanissetta, dove è recluso da maggio con l’accusa di aver creato un’associazione a delinquere. Ora, contro di lui chiedono di costituirsi parte civile la Regione Siciliana, il Comune di Caltanissetta e quello di Palermo. Chiede di costituirsi parte civile anche l’inviato di Repubblica Attilio Bolzoni, Montante aveva ordinato di spiarlo dopo i suoi articoli che svelavano il “sistema” della finta legalità, un sistema intriso di relazioni pericolose non soltanto nel mondo delle istituzioni, ma anche in quello della vecchia mafia della provincia di Caltanissetta.

Chiedono di costituirsi parte civile l’ex pm di Caltanissetta ed ex assessore Nicolò Marino, il vicequestore Gioacchino Genchi e il giornalista Giampiero Casagni, anche loro spiati da Montante. E poi l’imprenditore Pietro Di Vincenzo, che denuncia di essere stato vittima di un “complotto giudiziario” ordito da Montante e dai suoi fedelissimi. “Sono stato assolto da tutte le accuse di mafia”, dice fuori dall’aula. Richiesta di essere parte civile da parte del pentito Dario Di Francesco, uno degli accusatori di Montante, spiato più volte. Come l’assessore Paquale Tornatore e suo fratello Michele. In aula c’è pure l’ex sindaco di Racalmuto, Salvatore Petrotto, che sostiene di essere finito al centro di uno scioglimento per mafia a causa delle “finte” denunce di Montante. Su tutte queste richieste di costituzione di parte civile, sono 21, dovrà pronunciarsi il giudice Salvucci. Mentre, l’avvocato Gioacchino Genchi denuncia: “Considero grave che il ministero dell’Interno non si sia costituito parte civile – dice in udienza – Ritengo che i burocrati del Viminale, che il ministro Salvini non ha ancora cacciato, non lo abbiano informato”. Cala un silenzio profondo nell’aula “Gilda Lo Forti” del tribunale.

Oggi, Antonello Montante è accusato di aver creato un’attivissima associazione e delinquere finalizzata a spiare le indagini dei pm di Caltanissetta. Quattro dei suoi coimputati hanno già chiesto di saltare l’udienza preliminare per andare subito al rito immediato: l’ex presidente del Senato Renato Schifani, il tributarista palermitano Angelo Cuva, l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito e l’imprenditore Massimo Romano. I primi tre accusati di essere parte fondamentale della catena delle talpe che avrebbe spiato e svelato l’indagine della procura. “In concorso” con il capo della security di Confindustria Diego Di Simone, il factotum di Montante, e il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, ex 007 dell’Aisi, entrambi ancora agli arresti domiciliari. Sono indagati anche il colonnello della Guardia di finanza Gianfranco Ardizzone, il sindacalista Maurizio Bernava, il dirigente regionale Alessandro Ferrara, il questore Andrea Grassi e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. Imputato pure il capo reparto dei servizi segreti Andrea Cavacece, che ha chiesto di essere difeso dell’Avvocatura dello Stato: la sua posizione è stata stralciata per un problema nella notifica dell’avviso di chiusura delle indagini.

Resta ancora aperta la seconda tranche dell’inchiesta della procura, quella che vede indagati l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori alle Attività produttive Linda Vancheri, Mariella Lo Bello e l’ex numero uno di Confindustria Sicilia Giuseppe Catanzaro. E’ il troncone d’indagine che riguarda la gestione dei fondi regionali per Expo 2015, secondo la procura andati a società del cerchio magico di Montante.