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De Magistris è rinato a Crotone

WHY NOT. Chi sospettava che l’inchiesta sarebbe uscita dai riflettori si sbagliava. Perché a indagare, adesso, non è più un solo magistrato, ma un intero pool e tre procure. E anche loro puntano in alto

Panorama - 20 dicembre 2007 - di Giacomo Amadori

Screenshot 2019-06-02 23.09.18Di seguito un servizio di Panorma sul prosieguo dell’inchiesta “Why Not” dopo che è stata avocata al pm Luigi de Magistris. Qui il testo in pdf.

 

L’inchiesta calabrese Why not, sulle presunte frodi euromilionarie ai danni dell’Unione Europea, in cui è indagato pure il presidente del Consiglio Romano Prodi (l’accusa è abuso d’ufficio), procede come un mulo sull’Aspromonte. Lento ma instancabile. Chi era convinto che la prossima destinazione sarebbe stata la sabbia bianca della costa ionica forse potrebbe essere presto smentito. Anche grazie alla determinazione di Pierpaolo Bruni e Caterina Merante, pm crotonese esperto di reati contro la pubblica amministrazione e la mafia lui, imprenditrice legata per anni alla Compagnia delle opere (Cdo) e grande accusatrice del malaffare calabrese lei.

Giovani entrambi, rispettivamente 39 e 38 anni, non si arrendono ai requiem recitati dai numerosi tifosi di Luigi De Magistris, il pubblico ministero che aveva avviato l’inchiesta e che a ottobre se l’è vista soffiare, accusato di negligenza e fughe di notizie. Merante, testimone chiave della vecchia indagine, non ha rinunciato a proseguire la sua collaborazione con la procura: «Sino a prova contraria, ho fiducia nelle istituzioni».

E per questo ha confermato integralmente i due verbali resi a De Magistris. Comprese le accuse ad alcuni uomini considerati vicini al presidente Prodi: da Francesco De Grano, ex dirigente generale regionale addetto ai finanziamenti europei, all’imprenditore Pietro Macrì, da Piero Scarpellini, consulente non pagato della presidenza del Consiglio, al figlio Alessandro, al deputato e stretto collaboratore del premier per gli affari europei Sandro Gozi.

Per i nuovi interrogatori Merante si è trovata di fronte Bruni, designato alla scomoda successione di De Magistris. I due sono entrati subito in sintonia. Il pm, gessato grigio e aspetto da giudice ragazzino, dopo aver imparato a memoria il faldone, garantisce: «Non insabbio nulla. L’inchiesta era buona e gli indagati restano gli stessi. Non vedo la necessità di archiviazioni». Neppure per Mastella, sebbene la procura di Roma abbia rispedito a Catanzaro l’incartamento su di lui. Forse perché nelle carte non ci sono solo i contestati tabulati raccolti dall’ex consulente di De Magistris Gioachino Genchi, in cui è rimasto impigliato pure il ministro.

Per esempio, Panorama può pubblicare in esclusiva lettere e biglietti da visita autografi pieni di raccomandazioni d’assunzione indirizzati all’imprenditore calabrese Antonio Saladino (principale indagato dell’inchiesta e snodo della Cdo in Meridione) quando era Sud area manager della Obiettivo lavoro. A scriverli sarebbero stati due esponenti di rango del Partito democratico: il presidente della Regione, Agazio Loiero (all’epoca ministro degli Affari regionali), e Nicola Adamo, ex uomo di punta della nomenklatura diessina, quando era assessore regionale ai Lavori pubblici.

Nel retro dei biglietti da visita di Adamo si leggono i nomi dei politici di diversi schieramenti che, raccomandati, a loro volta raccomandavano. Insomma un sistema trasversale, dove destra e sinistra sono steccati invisibili. Questi documenti vengono ora attentamente esaminati dagli inquirenti che potrebbero presto contestare il voto di scambio.

Dunque la rotta dell’inchiesta, nonostante la sostituzione del nocchiero, sembra la stessa. Al centro restano i rapporti inquinati tra politica e affari, con un nuovo capitolo sullo sfondo: i legami con la ’ndrangheta, confermati da una recente inchiesta cosentina. Così, dopo gli ultimi interrogatori, le perizie tecniche e le acquisizioni documentali presso la sede della Regione Calabria per verificare ipotesi di gare e appalti truccati, nel fascicolo sono finite almeno altre due società, secondo gli investigatori collegabili ad ambienti politici: la Core soluzioni informatiche di Bologna (tra i principali clienti le regioni Emilia-Romagna e Calabria, il Comune di Bologna e quello di Milano) e la Almaviva Sud (fusione di società riconducibili a Enza Bruno Bossio, moglie di Adamo) costola dell’Almaviva.

Presidente di quest’ultima è Alberto Tripi, personaggio considerato vicino a Prodi: gli coordinò la campagna elettorale nel Lazio nel 1996 e gli fornì la sede dell’Ulivo, in piazza Santi Apostoli a Roma. Lo stesso anno Prodi lo nominò consigliere d’amministrazione dell’Iri. Sulla Core gli investigatori hanno iniziato in questi giorni gli accertamenti. Della Almaviva Sud si era già interessato De Magistris. Una sola cosa gli inquirenti non riescono a trovare: le tracce della cosiddetta loggia massonica coperta di San Marino, su cui il precedente titolare dell’inchiesta aveva scommesso molto del suo fiuto investigativo.

A Catanzaro la linea la detta il procuratore generale Vincenzo Iannelli, primo titolare del fascicolo, che, vista l’aria, accoglie il cronista di Panorama di fronte a un testimone per paura di essere frainteso. Why not rischia l’insabbiamento? «Qui non basta una notizia di reato per ottenere delle condanne. Bisogna lavorare per costruire prove concrete».

Timidezza nei confronti della politica? Iannelli si indigna: «Non scherziamo ». Poi assicura che l’inchiesta andrà avanti e che per questo le ha applicato «due sostituti procuratori generali, due pm e i magistrati degli uffici che seguono i filoni collegati». Un piccolo plenum che si riunisce settimanalmente per evitare sovrapposizioni e, magari, fughe in avanti. Un settore interessante è quello all’esame dei pubblici ministeri di Paola (Cosenza) che con l’aiuto dei carabinieri stanno interrogando numerosi addetti alla sorveglianza idraulica inseriti negli elenchi dei «referenziati» di Saladino. E stanno chiedendo informazioni in particolare su un operaio in carcere per delitti di stampo mafioso.

Ma come è finito sulla scrivania di Bruni il faldone principale, quello relativo ai big della politica? Nelle scorse settimane Iannelli aveva svolto un sondaggio alla ricerca di un successore di De Magistris. I pm di mezza Calabria avevano chiesto di essere esonerati. Ma il procuratore di Crotone, Francesco Tricoli, 69 anni, nonostante le ristrettezze (ha in squadra sei pubblici ministeri che presto diventeranno quattro), ha candidato il suo campione: nel curriculum di Bruni arresti e condanne di politici di tutti i colori. «Qui abbiamo la cultura della prova, ma non sudditanza verso il potere » avverte Tricoli. E così Bruni, confidano i carabinieri che lavorano con lui, «va avanti come un trattore».

Da due settimane gli uomini del Reparto operativo di Catanzaro, guidati dal maggiore Enrico Maria Grazioli, con in mano un dettagliato provvedimento di acquisizione, vanno a caccia di carte nella sede della Regione Calabria. Dall’inizio dell’inchiesta, circa un anno fa, nessuno lo aveva ancora fatto. Il compito dei militari è quello di sequestrare tutta la documentazione relativa alla distribuzione di milioni di fondi europei: procedure amministrative, lavori preparatori alle leggi e alle gare, elenchi dei soggetti assunti dopo l’assegnazione degli appalti, modalità di affidamento diretto dei lavori, soldi ricevuti dalle singole società e successivi investimenti.

Per piantare precisi paletti (in caso di raffreddore del pm, scherzano in tribunale) Bruni ha già consegnato due deleghe con l’elenco particolareggiato degli accertamenti da fare. La strategia è chiara: per evitare tonfi l’inchiesta va ancorata a fondamenta robuste. Fatte anche di arresti (per qualcuno imminenti), partendo dalla Calabria. A quel punto la procura, senza paura delle vertigini, potrà costruire gli altri piani dell’indagine e, magari, arrivare a Roma.

Partiamo allora dalle basi. La pietra angolare della Why not 2 è una gara regionale del 2002, vinta dal consorzio Brutium che ottenne 8 milioni di euro l’anno (diventati 12 nel 2006) per realizzare diversi servizi. Del consorzio facevano parte tre società (Obiettivo lavoro, Team service, Why not) riconducibili a Saladino, che nei giorni scorsi ha chiuso uno dei suoi conti correnti incuriosendo gli investigatori. Dagli atti inviati in procura dalla Guardia di finanza di Catanzaro quel gruppo venne costituito il giorno prima dell’approvazione di una legge che si sospetta sia stata realizzata su misura e scritta, secondo il testimone Giancarlo Franzé, ex responsabile regionale della Obiettivo lavoro, da un avvocato a libro paga del consorzio. Ovviamente il Brutium vinse e assunse a tempo indeterminato i 490 lavoratori interinali già messi sotto contratto da Obiettivo lavoro su indicazione dei politici, ai tempi dei biglietti di Adamo e Loiero. Il governo regionale di centrodestra stabilizza i precari del governo di centrosinistra.

Tra questi c’era persino Claudio Tomaino, l’assassino della strage di Caraffa (dove uccise due zii e due cugini). Spulciando nei registri si scopre che gran parte della struttura di Adamo, dal segretario all’autista, era mantenuta da Saladino.

Sotto la lente degli investigatori non c’è solo il consorzio Brutium, ma anche il Clic, nato da un’altra invenzione di Saladino. Un gruppo di aziende (tra cui Need, Cm e Met sviluppo) che, secondo l’accusa, faceva cartello per spartirsi i finanziamenti europei.

In procura sono convinti che alcune di queste società servissero pure come casseforti per accumulare patrimoni personali. In particolare i salvadanai della presunta associazione per delinquere sarebbero stati inizialmente la Why not (prima dell’arrivo della ribelle Merante), poi la Need e l’Italiana servizi che venivano utilizzate per farsi pagare consulenze dalle società interessate a lavorare in Calabria, in pratica il biglietto d’ingresso nella regione.

Un prezzo che secondo gli inquirenti avrebbero pagato anche multinazionali come l’Endesa, società energetica spagnola. Per questo i 6-7 nuovi consulenti tecnici (commercialisti, architetti, ingegneri) di Bruni, dello studio Perotti di Torino (già utilizzato dal pm nei processi di mafia), sono stati incaricati di studiare i flussi finanziari in entrata e in uscita di queste società. «Purtroppo su questo punto non era stato fatto molto» spiegano in procura.

Evidentemente poco soddisfatti del lavoro di Piero Sagona, il consulente di De Magistris, ex funzionario della Banca d’Italia ed esperto di antiriciclaggio. Bruni si sta anche occupando delle società pubbliche. Per esempio la finanziaria regionale Fincalabra e la Sial, costituita da Regione e Italia Lavoro, che gli inquirenti hanno scoperto avere in carico un altro potenziale bacino di voti, il fondo Sollievo, sorta di ammortizzatore sociale utilizzato per centinaia di operai forestali. Chi era l’amministratore delegato di Sial? Sempre Saladino, nella versione manager pubblico.

Ma se quest’ultimo non dorme sonni tranquilli, dicono sia molto adrenalinico anche il papà dell’inchiesta, De Magistris, sempre in viaggio tra Roma, salerno e Catanzaro. La procura generale gli ha tolto Why not? E lui ai collaboratori più fidati ha annunciato fuochi d’artificio imminenti. I bene informati riferiscono che la toga più popolare della Calabria avrebbe già iniziato il conto alla rovescia. Le buone notizie arriverebbero dalla procura di Salerno, dove i pm Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani stanno cercando di capire chi siano gli autori delle fughe di notizie che hanno danneggiato l’inchiesta quest’estate.

In particolare stanno verificando i presunti strettissimi rapporti di Saladino con i magistrati di Catanzaro e Lamezia Terme. Per i colleghi salernitani non può essere stato De Magistris a far sapere ai giornali che Mastella era indagato. Né può aver infilato nelle tasche dei cronisti le intercettazioni che lo registravano mentre dava appuntamento al bar a giornalisti di varie testate. Insomma, gli spifferi lo avrebbero danneggiato, facendogli perdere la titolarità dell’inchiesta.

Ma se il colpevole non è il magistrato napoletano, per i pubblici ministeri campani quel fascicolo va tolto alla procura catanzarese e trasferito a Salerno. Dove De Magistris non gioca certo fuori casa.